La situazione in Ucraina è disastrosa, il conflitto iniziato un mese fa, esattamente il 24 febbraio con l’invasione delle truppe russe di Putin, procede e non sembra sia vicina una fine – purtroppo. In questo scenario così drammatico dobbiamo fare i conti con tutte le conseguenze che una situazione del genere porta, almeno a livello europeo.
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La decisione di Renault
Secondo quanto dichiara la stessa Casa automobilistica in un comunicato stampa ufficiale, il Consiglio di Amministrazione del Gruppo Renault si è riunito in data 23 marzo 2022 (lo scorso mercoledì) e ha decretato: “Le attività dello stabilimento Renault di Mosca sono sospese dalla data odierna Il Gruppo sta valutando le possibili opzioni sulla sua partecipazione in AVTOVAZ, agendo responsabilmente nei confronti dei 45.000 dipendenti in Russia”.
Il Gruppo automotive ricorda che sta già attuando le misure necessarie per rispettare le sanzioni internazionali. Questo significa che Renault si vede costretta a rivedere le sue prospettive finanziarie per il 2022 con:
- un margine operativo del Gruppo dell’ordine del 3% (contro ≥ 4% in precedenza);
- un free cash-flow operativo del Ramo Auto positivo (contro ≥ 1 miliardo di euro in precedenza).
Nei risultati del primo semestre dell’anno in corso, sarà registrato un onere di rettifica non-cash, corrispondente al valore delle immobilizzazioni immateriali e materiali nonché del goodwill consolidati del Gruppo in Russia. Tale valore ammontava a 2.195 milioni di euro al 31 dicembre 2021. Il Gruppo Renault resta concentrato sulla realizzazione del piano strategico Renaulution, di cui abbiamo tanto parlato, gli obiettivi non cambiano, nonostante la situazione – a causa della guerra – sia senza dubbio più complessa per tutti gli attori del comparto automotive, e non solo. Il Gruppo porta inoltre avanti la sua politica commerciale basata sul valore, consolida la sua competitività e accelera il programma di riduzione dei costi.
L’effetto guerra nella transizione energetica
Renault arriva in coda a moltissime delle realtà che lavorano nel settore auto, che hanno preso le distanze dalle decisioni della Russia e che quindi, almeno per il momento, hanno sospeso ogni rapporto commerciale. Nei giorni scorsi avevamo parlato di Stellantis, ad esempio, e proprio ieri invece ci siamo focalizzati sulle conseguenze che il conflitto avrà sulla transizione energetica e sulla produzione e vendite di auto elettriche.
I costi di realizzazione delle vetture BEV, già alti, cresceranno inevitabilmente. Il motivo è da ricercare nella difficoltà di reperire materie prime come il nichel, indispensabile per la produzione di batterie che alimentano le auto elettriche. In questo complicato e drammatico scenario di guerra, dobbiamo sottolineare che la Russia è uno dei principali produttori di nichel e il terzo fornitore al mondo. Gli approvvigionamenti oggi sono estremamente limitati, a causa dell’invasione dell’Ucraina. Le conseguenze sono ovvie: i costi per la realizzazione delle stesse batterie sono aumentati notevolmente, e questo chiaramente ricadrà anche sui prezzi di listino delle auto, soprattutto elettriche.
Le alternative possibili
La via d’uscita oggi è una sola: l’utilizzo delle batterie litio-ferro-fosfato, che vengono prodotte senza nichel e senza cobalto (ancora più costoso, oltre che molto raro). Sistemi certamente più economici, anche se in grado di garantire prestazioni inferiori. Tesla in realtà le ha già sfruttate per la realizzazione delle Model 3 e Y prodotte in Cina. Per il tempo della durata dei brevetti, ovvero l’intero anno in corso, non è assolutamente possibile portarle al di fuori della Cina.