
Il settore auto vive ancora oggi un grande momento di crisi, che è iniziato con lo scoppio della pandemia di Coronavirus ormai due anni fa. Risalgono infatti alla fine del mese di febbraio 2020 le prime chiusure, poco dopo invece ci siamo ritrovati nel bel mezzo del primo lockdown. Tutti a casa per evitare il contagio e l’aumento di casi Covid-19.
La chiusura delle attività ha fermato completamente il mercato auto, che tra i mesi di marzo e aprile 2020 aveva registrato perdite fino al -98%. Un dramma senza precedenti, che pare oggi non avere fine. Se infatti il 2021 ha visto una leggera ripresa del comparto, grazie agli incentivi auto emanati dal Governo, purtroppo non è bastata a risollevare le attività economiche. Le Case automobilistiche lamentano ancora la crisi, le immatricolazioni lo scorso anno non sono ovviamente tornate ai livelli dell’epoca pre-Covid (2019) e anche il 2022 non è di certo partito con il piede giusto per la maggior parte dei brand. Oltretutto, a inizio anno si parlava dell’assenza completa di bonus auto, ma pare che il Governo abbia già avuto dei ripensamenti.
In questo scenario già drammatico, lo scorso anno si è ‘infilato’ anche un altro fattore molto scomodo, che ha peggiorato la situazione di un settore già distrutto: la crisi di microchip. Mancano i semiconduttori assolutamente indispensabili alla realizzazione di nuove auto, e questo chiaramente ha portato ad un rallentamento della produzione con conseguenti enormi ritardi nella consegna di vetture nuove ai clienti. Oggi l’Europa dice ‘basta’, e prepara un piano per uscire da questa situazione così complessa.
L’Europa incentiva la produzione di microchip
Per spingere la produzione di semiconduttori l’Europa ha attuato un piano da quasi 50 miliardi di euro, l’obiettivo è quello di incrementare dal 10% al 20% la realizzazione di queste componenti entro il 2030, con norme più flessibili per quanto riguarda gli aiuti di Stato per le aziende e una stretta sull’export.
Il nuovo disegno di legge sui microchip (Chips Act) è stato presentato dalla Commissione Europea proprio ieri. Pare che l’Unione Europea abbia intenzione di creare dei maxi centri in Europa per poter rendere il Continente autonomo nel settore, limitando quindi la dipendenza da altri Stati. E non è tutto, perché le nuove regole daranno anche la possibilità di imporre controlli all'export.
I fondi previsti per il Chips Act
12 miliardi di euro di fondi pubblici, questo è il denaro che verrà utilizzato per il nuovo maxi piano: 6 miliardi dal bilancio comune e altri 6 dai governi nazionali. Il denaro verrà impiegato per la ricerca e sviluppo di semiconduttori sicuri ed efficienti dal punto di vista energetico. E non finisce qui, perché vi saranno altri 30 miliardi di euro di investimenti pubblici (che i governi già prevedono) sostenuti dal Recovery Fund, dal programma Horizon Europe e dai bilanci degli Stati. E infine stanno studiando anche un piano per un nuovo fondo da 5 miliardi di euro per le start up.
L’obiettivo dell’Europa
L'Europa persegue il grande obiettivo di stabilire un approccio cooperativo con i rivali principali come Giappone, Singapore, Stani Uniti, Corea del Sud e Taiwan, “per affrontare la sua sicurezza dell'approvvigionamento”. La bozza del documento riporta anche che “l'UE dovrebbe essere preparata ad un possibile fallimento, a un cambiamento improvviso della situazione politica o a crisi impreviste, che potrebbero minacciare la sicurezza europea”. L’Europa prevede delle contromisure tra cui anche la possibilità di “sorvegliare le esportazioni” dei microchip e dei componenti che servono per la loro produzione.