
Assogametano e Federmetano lanciano l’allarme: l’emergenza legata ai prezzi del gas naturale, con la discussione sull’eventuale “price cap” rimandata all’autunno, rischia di mettere in ginocchio un intero settore.
I prezzi che gli operatori si trovano ad affrontare sono “circa otto volte quelli di un anno fa”, sottolinea Assogasmetano, e c’è il rischio concreto che molti si trovino costretti a chiudere le stazioni di rifornimento.
Metano: si rischia la chiusura
A pochi giorni di distanza, le associazioni di settore si sono pronunciate sulla grave crisi legata ai prezzo del gas naturale, drammaticamente legati a uno scenario geopolitico dominato dall’incertezza. L’unica cosa certa è che nel giro di un anno si è arrivati, da una media di 0,97 euro al chilo, a sfiorare i due euro: oggi un chilo di metano costa in media 1,90 euro, e i consumatori hanno già punito il mercato delle auto a metano con un calo delle immatricolazioni del -1,1%.
Le previsioni non lasciano sperare in un miglioramento nel breve periodo: “Anche il recente tentativo del nostro Governo di arrivare ad un accordo in sede comunitaria, teso a stabilire un price cap, un tetto al prezzo del gas”, si legge nel comunicato di Assogasmetano, “è fallito e la discussione sul tema è stata rimandata al prossimo autunno”. Troppo tardi.
Anche secondo Federmetano un eventuale provvedimento sul price cap del gas naturale è “certamente auspicabile ma, date le condizioni attuali, tardivo e non in grado di riuscire a evitare il peggio”, scrive l’associazione rivolgendosi direttamente al Governo.
Il rischio è quello della chiusura totale dei punti vendita: gli operatori della distribuzione stradale, spiega Assogasmetano, “si troveranno presto obbligati a dover ritoccare pesantemente i prezzi di vendita al pubblico del metano per auto, un prodotto da sempre apprezzato soprattutto per la sua economia di esercizio rispetto agli altri carburanti”.
IVA e accise: le richieste delle Associazioni
I rincari esponenziali del gas naturale colpiscono soprattutto le famiglie, e non soltanto per quanto riguarda i consumi domestici. Come spiega Federmetano, il CNG viene scelto nella maggior parte dei casi “in quanto ecologicamente ed economicamente sostenibile”. Sono quindi oltre un milione le famiglie a basso e medio reddito, secondo l’Associazione, che “dovranno fare i conti, se non si interviene tempestivamente, anche con l’impossibilità di alimentare i propri mezzi”. E anche molti Enti pubblici si servono del gas naturale per i servizi di trasporto pubblico, che potrebbero trovarsi in seria difficoltà.
Vanno poi considerati i circa 20.000 addetti alle stazioni di rifornimento, per cui il rischio di perdere il lavoro diventa ogni giorno più concreto. Federmetano così ha inviato una lettera rivolta al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Economia e delle Finanze e Ministro della Transizione Ecologica chiedendo l’introduzione tempestiva di alcune misure che sarebbero in grado di scongiurare la grave crisi che si prospetta per il comparto dell’autotrazione.
La richiesta rivolta al Governo è quella di azzerare l’IVA - ridotta al 5% nel maggio scorso - e di prorogare l’azzeramento dell’accisa fino alla fine dell’anno. Tra le misure indicate da Federmetano anche l'estensione al CNG del credito d’imposta del 20% agli autotrasportatori e un contributo una tantum a fondo perduto per i distributori di gas naturale monocarburanti - che in questi mesi rischiano, forse come mai negli ultimi anni, di dover chiudere per sempre.