Viaggio in Sardegna in moto con la BMW R18 Transcontinental (Parte 3)

Foto di Carlo Portioli

Carlo Portioli

Esperto moto custom

Le moto e la musica, mia moglie e gli amici, la birra e le chiacchere ma più di tutto amo cercare di capire. Le mie opinioni sono espresse dall'alto di niente.

LA MOTO – Riassunto delle puntate precedenti: nove moto, nove amici, cinque giorni in Sardegna: una prima parte meteorologicamente incoraggiante (puntata 1 – IL SECCO), una seconda parte scoraggiante (puntata 2 – L’UMIDO) e il test-ride della BMW R18 Transcontinental per Virgilio Motori.

Come si è comportata la R18 Transcontinental su strade piene di sali-scendi e curve, di tornanti trasformati in torrenti e di asfalto accidentato, di nebbia e talvolta di sterrato e fango? Sicuramente la R18, soprattutto nella configurazione Transcontinental, non nasce per questo tipo di situazioni e in tutta onestà, neanche noi. Siamo più gente da “moto-sole-mare-birretta”, ma gli imprevisti succedono quando si va in giro in moto, quindi è necessario un buono spirito di adattamento e duttilità sia da parte di chi giuda che dal proprio mezzo.

La sensazione è che tanta tecnologia, tanta cura nella distribuzione dei pesi, tanta attenzione alla sicurezza, siano la ragione che ha consentito a un mezzo lungo 2,64m con interasse di 1,69m e un peso da 427kg di venir fuori da situazioni che non erano certamente nei pensieri degli ingegneri della casa dell’elica quando lo hanno disegnato. Con la dovuta attenzione, questo gigante si dimostra sorprendentemente maneggevole. Sulla docilità non c’è dubbio: il motorone bicilindrico boxer da 1.800cc non sprigiona troppa potenza (91cv), ma a bassi regimi fa divertire tanto. Inoltre le tre mappature (rock, roll e rain) consentono di cambiare la configurazione in marcia e gestire la potenza in base alla situazione della strada, alle proprie necessità e sensibilità di guida. Un supporto sempre pronto per far sentire a proprio agio il guidatore.

La BMW R18 Transcontinental rispetto ad una moto normale ha tantissime cose in più: ha l’Active Cruise Control (ACC) un sistema di controllo adattivo della velocità grazie al radar frontale posizionato sopra il faro che mantiene la distanza dal mezzo davanti, poi ha tre capienti borse rigide, ha la retromarcia, le manopole e il sedile riscaldato, è keyless ovvero basta avvicinarsi con la chiave in tasca per metterla in moto, ha un monitor da oltre 10” con un’interfaccia utente mutuata da BMW auto per controllare il sistema di infotainment che include radio e lettore Spotify per ascoltare la musica attraverso sei potenti casse Marshall, infine ha l’indicatore di riserva di potenza, per sapere quanta potenza è ancora disponibile mentre si sta dando gas. Tutta questa roba serve su una moto? La risposta dopo il viaggio è: si, con gradazioni diverse.

Il sistema ACC è utilissimo sui tratti lunghi di scorrimento, come autostrade e superstrade. La sensazione è di avere un supporto alla guida molto elevato: percepisci che la moto guida attivamente con te e questo trasmette una sensazione molto rassicurante. Utilissimo.

Le borse sono enormi e perfettamente impermeabili, mancavano solo le sacche interne per rimuovere comodamente i propri oggetti di viaggio. Certo, fare i tornanti con il topcase carico dà una leggera sensazione di instabilità, ma è la fisica baby, e tu non puoi farci niente.

Capitolo a sè per la retromarcia: ti sembra inutile fino a quando non scopri di averne un disperato bisogno. Allora capisci che è semplicemente indispensabile quando stai portando a spasso l’equivalente in peso e cilindrata di due grosse naked. Se pensi di muoverla in qualunque circostanza solo con la potenza sprigionata dalle tue gambette, sei un povero illuso.

Il riscaldamento delle manopole viene comodo quando hai i guanti fradici di acqua fredda, mentre l’utilità della sella riscaldata è rimandata a un test con temperature più rigide, cosa che in tutta onestà mi risparmierei volentieri.
Il sistema di infotainment e le casse Marshall? Beh, diciamo che non rientrano nelle necessità primarie, ma visto che la R18 Transcontinental è una moto di lusso, perchè non godersi anche il superfluo? Fino a 100-110 km/h si sente bene, da fermi il suono è così perfetto e il volume così potente che si rischia l’imcriminazione sulla base del “decreto-rave”, ma quando piove e guidi per davvero, allora la radio è l’ultima cosa di cui senti il bisogno.

Ultimo gadget in termini di utilità: l’indicatore di riserva di potenza, che fa dell’inutilità il proprio punto di forza ma c’è, è bello, mutuato dalla Rolls-Royce che fa parte del gruppo BMW e allora… perchè no?

Infine i consumi: abbiamo viaggiato molto piano (poco più dei 50km/h di media) ed il consumo è stato contenuto (5,5l/100km).

Unico punto migliorabile: gli specchietti rotondi di dimensioni dentistiche. Sacrificare su un mezzo come questo la sicurezza a vantaggio dello stile custom non è una gran bella idea, visto che di soluzioni che abbinano stile e visibilità ne esistono molte per gli specchietti.

Insomma, la BMW R18 Transcontinental è un grande cruiser della famiglia custom, con un motore gustosissimo e la duttilità data dalla cura e dalla tecnologia, pensata per accompagnarti con semplicità su qualsiasi strada, anche su quelle in cui non avresti voluto trovarti. Lei può fare molto più di quello che ti viene da pensare guardandola, quindi poi sta a te, al tuo polso e al cervello posizionato nel tuo casco decidere come goderti questo mezzo. Con la BMW R18 Transcontinental l’unica cosa di cui ti devi preoccupare è goderti la prossima curva, qualunque sia la situazione intorno a te. Credo che questo sia il miglior complimento per un mezzo come questo.

LEGGI IL RACCONTO DI CARLO PORTIOLI: LA PRIMA PARTE