Storia della Honda CB900F “Bol d’Or”, la potente bialbero. Foto

Una delle Honda più iconiche degli anni ottanta prendeva il nome dalla famosa 24 ore di Endurance

Quando la Honda sbarcò sulle coste della nostra Penisola si rese subito nota per l’innovazione meccanica delle sue moto quattro cilindri in linea, unita all’introduzione della moda delle numerose cromature che, dopo poco più di un lustro, venne accantonata.

Alla fine degli anni settanta, poi, la Honda  lanciò una nuova generazione di motori bialbero a 4 quattro valvole per cilindro, robusti, veloci ed accattivanti.

L’esigenza di ammodernare la gamma della gloriosa dinastia delle quattro cilindri in linea nipponiche si è avvertita quando la concorrenza ha introdotto sul mercato motori più performanti: i tecnici Honda, capeggiati dal valente ingegner Kameyama, progettarono quindi un propulsore, adatto ad assumere diverse cilindrate, dall’architettura nuova, più imponente, a doppio albero a camme in testa e quattro valvole per cilindro.

La esponente più famosa di questa serie è sicuramente la CB900F “Bol d’Or”, arrivata poco dopo la sfortunata parentesi della CB750K, dotata sì del nuovo motore bialbero, ma poco attraente nell’estetica e presto sostituita dalla CB750F.

Quest’ultima, sorella più piccola della fortunata serie Bol d’Or, è la prima a ricordare la nobilissima e virtuale discendenza dal modello da competizione. Tale accattivante due ruote è dotata di un motore in alluminio con i carter lucidati a corsa lunga, visto che la priorità era rappresentata dalla massima riduzione del suo ingombro trasversale; i carburatori sono i Keihin a depressione, con diametro che varia, a seconda della cilindrata, da 30 a 33 mm.

Il propulsore da 900 cc ha subito delle modifiche rispetto a quello da 750 cc, divenendo più trattabile, senza penalizzare le prestazioni massime. Una delle migliorie è rappresentata dall’aumento di potenza a 80 CV alla ruota a 9.000 giri/min: con tale accortezza tecnica, il motore, con il medesimo alesaggio della stratosferica Honda CBX1000 6 cilindri, non disdegna di girare in basso con regolarità e di riprendere con gran vigore.

La CB900F, pressoché identica alla meno potente 750 cc, ha lo stesso telaio di quest’ultima, a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio con culla inferiore destra apribile per smontare più facilmente il motore.

Possiede inoltre un piccolo radiatore dell’olio posto sotto il cannotto di sterzo, utile ad ovviare alla maggior produzione di calore.

Il suo interasse misura 1.520 mm ed è maggiore rispetto a quello delle precedenti Honda Four, mentre l’avancorsa cala drasticamente misurando 112 mm, ciò per ottenere una maggiore maneggevolezza in ordine di marcia.

L’impianto frenante è interamente caratterizzato dalla presenza di dischi e composto dalla coppia anteriore da 276 mm e da quello posteriore da 295 mm. I cerchi, che nelle prime serie sono i Comstar scomponibili con le razze rivettate, sono in lega, da 19″ l’anteriore e da 18″ il posteriore.

La prima serie delle Honda CB900F (versione F-A), riceve, nel febbraio del 1980, una forcella più solida rispetto a quella della quale era dotata la prima serie.

Un’ulteriore evoluzione del modello si ha con la versione F-B del 1981, che dispone di pinze a due pistoncini, dischi freno diversi e rubinetto del carburante a depressione.

La F-B è dotata inoltre di ammortizzatori posteriori a molla esterna cromata ma, a differenza di quelli montati sulla F-A, questi ultimi hanno un serbatoio separato; mutano anche i cerchi, di disegno più moderno ed alcune grafiche.

Nel marzo del 1981 alla CB900F si affianca la versione F2, che differisce dalla F per l’ampia carenatura che ricorda le forme di quella utilizzata per la CBX1000 Pro Link, tanto utile quanto gravemente antiestetica, ma comoda per un uso prevalentemente turistico della due ruote.

In tale nuova ottica viene anche sviluppata una nuova e più ricca strumentazione, completa di orologio e voltmetro; le pedane poggia-piedi del pilota sono leggermente arretrate per favorire un assetto di guida più sportivo che turistico.

I comandi elettrici sono impeccabili nel loro funzionamento ed il tappo della benzina a baionetta, con serratura a ponte, garantisce una perfetta tenuta anche con il pieno di carburante.

La 900, come le “sorelle”, ha una fisionomia squadrata e filante al tempo stesso ma, pur essendo dotata di una grande potenza, non è assistita da una ciclistica proporzionata alla velocità che è capace di raggiungere: il suo telaio per esempio, non ha un baricentro basso e questo, unito al poco sportivo sistema di sospensioni, morbide e confortevoli, non permette alla Bol d’Or di affrontare in sicurezza ed agilità le curve più impegnative. Il motore bialbero, invece, è molto apprezzato per la propria robustezza e per la forte grinta.

La CB900F rimane ancora oggi una motocicletta molto accattivante, preferita dai più giovani appassionati di motociclette storiche e da chi l’ha vissuta negli anni del suo esordio.

(a cura di OmniMoto.it)