Riprendiamoci la città

La dura vita del motociclista sulle strade della città

Foto di Carlo Portioli

Carlo Portioli

Esperto moto e cultura custom

Le moto e la musica, mia moglie e gli amici, la birra e le chiacchere ma più di tutto amo cercare di capire. Le mie opinioni sono espresse dall'alto di niente.

Servirebbe una notte ancora calda, una notte di riconciliazione, con i lampioni e le insegne dei bar a prendere il posto del sole; con le strisce pedonali viscide sotto le ruote, come lingue in un cuore di caco. Con i binari da tagliare di sbieco, un movimento secco del manubrio per non finire a terra o farsi portare in rimessa dai tram.

Con le buche, che solo occhi allenati di falco urbano sanno riconoscere da lontano: l’avvallamento che manda a tappo l’ammortizzatore posteriore; la buca piccola e profonda, secca e dolorosa come pedata sul malleolo con scarpone da sci; il rabbercio d’asfalto rettangolare e grosso, infido come una tagliola per orsi; il catrame messo con il badile sul buco piccolo e frastagliato, un mini-trampolino che lancia verso l’alto mescolandoti le otturazioni dei denti.

Servirebbe una notte di fine estate per trasformare la circonvallazione in un lungo circuito cittadino da percorrere con calma, con l’aria in faccia e la tranquillità di non dover arrivare altrove se non al punto di partenza. I semafori lampeggianti a tracciare il percorso e a restituire quel po’ di giallo che era il colore delle strade della mia città, prima dell’avvento dell’illuminazione a LED. La frequenza degli incroci e le poche macchine a fare l’andatura. Prima, seconda, un po’ di coppia senza scannare, poi la terza… a raggiungere l’equilibrio perfetto. Il motore puntato un attimo sotto la coppia, lì dove comincerebbe a scaricare la sua potenza con un minimo di gas.

Godersi l’intenzione del motore e l’equilibrio, non la sua piena espressione. I bicilindrici Evolution 1340cc sono così: in terza a 80km/h trasmettono al corpo una somma di vibrazioni e sensazioni che riescono a lenire il logorìo della vita moderna: praticamente come un Cynar applicato alla meccanica.

L’aria, le luci e le strade di una notte profonda in città, con la propria moto. Una strada di cui riappropriarsi, che conosciamo solo per il male che ci fa mentre la percorriamo tutti i giorni. Incolpevole nella sua inadeguatezza a soddisfare le crescenti esigenze di velocità e le nevrosi dei suoi quotidiani pellegrini.

La strada che non può fare di più, che non può farci arrivare prima, perché la colpa delle nostre frustrazioni nel traffico siamo noi. Anche se l’estate ha iniziato la sua fase di discesa verso i mesi più caotici, chiunque abbia una moto dovrebbe prenderla in una di queste notti di fine estate per andare a fare la pace con le sue strade. Per godersele, per riconoscere una loro bellezza che siamo noi a rovinare ogni giorno con il nostro caos che loro, le strade, placidamente accettano, guardandoci silenziose, senza capirci. Perché domani mattina sanno che sarà uguale a stamattina e così ancora per tanto tempo, fino a quando non cambieremo noi.

Ma scommetto che anche questa notte avremo qualcosa di più importante, urgente, prioritario, divertente o trendy da fare… e sarà un’occasione persa, l’ennesima, per fare scorta di attimi di pace.