Le moto con il turbo: dal sogno all’insuccesso e ritorno

I modelli che hanno fatto la storia del turbo, un concetto che non è mai esploso veramente fra i motociclisti.

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Alla fine degli ani ’70, la produzione motociclistica aveva preso come direzione la ricerca della potenza e le case costruttrici si sbizzarrivano, per così dire, nella messa in commercio di modelli sempre più potenti. Emblematica è l’Honda CBX 1000 6 cilindri del 1978, che tracciò il confine massimo di questa tendenza e da quel momento in poi avrebbe spinto le aziende a perfezionare i propri prodotti nell’imbrigliare e sfruttare al meglio tutti i cavalli che i motori erano in grado di sprigionare.

Ma mentre si pensava a migliorare l’assetto delle moto, un’altra idea solleticava i motociclisti, il motore sovralimentato. Nelle auto, la Renault aveva portato il turbo nelle corse di Formula 1, grazie al compromesso di una minor cilindrata in virtù di maggiore potenza. Un concetto che aveva subito fatto breccia nell’immaginazione degli appassionati che desideravano più cavalli con meno sforzo. Tecnicamente c’era però divisione tra chi contemplava la cosa con scetticismo e chi ne intravedeva un’opportunità.

Effettivamente, nel settore auto il turbo funzionava bene e molte marche tenevano in listino un modello sovralimentato, spesso vicino o simile all’omologo schierato in qualche campionato sportivo. Le stazioni di servizio vendevano tonnellate di scritte adesive “Turbo” che, dall’autoarticolato all’Ape Piaggio, spopolavano sulle strade di tutta Europa.

Cos’è il Turbo

Come funziona il turbo? Utilizzati nelle moto come la Kawasaki H2, ma anche nelle automobili, i compressori centrifughi (nome tecnico del turbo), si compongono di una girante installata all’interno di una carcassa. Questo dispositivo, girando, si comporta come una ventola a rotazione inversa che aspira l’aria circostante, raggiungendo velocità superiori ai 100.000 giri al minuto. L’aria viene incanalata nei compressori centrifughi ad altissima velocità che, tuttavia, diminuisce notevolmente una volta espulsa, mentre la densità subisce un forte aumento.

I compressori centrifughi vengono azionati da cinghie a V o dentate che, attaccate all’albero del motore, fanno girare un ingranaggio planetario che contiene al suo centro un pignone detto “sole” che permette alla girante di raggiungere regimi di rotazione elevatissimi. Tale sistema è presente sulla Ninja H2. La bocca d’uscita della carcassa del compressore è collegata quindi all’aspirazione del motore che, quando comincia a girare, aziona il sistema che introduce maggior aria all’interno della camera di scoppio, facendo esplodere più benzina e aumentando le prestazioni del propulsore stesso.

La Honda CX500
La Honda CX500

Honda, la prima sul mercato

La prima a presentare una moto stradale sovralimentata fu Honda, che nel 1980 portò al salone di Colonia la sua CX 500 T. Come la versione aspirata è bicilindrica, l’unica con questo sistema e vanta quattro valvole per cilindro e la trasmissione finale ad albero. Rispetto alle altre giapponesi che uscirono poco dopo, era anche l’unica con sistema di raffreddamento a liquido. Curata nella costruzione, la sua carena era avvolgente e la posizione in sella molto comoda. Purtroppo, al guidatore arrivava molto calore dal motore e la potenza arrivava dopo i 4000 giri, risultando brusca e poco maneggevole. Anche il cambio, come tutte le CX, era un po’ ruvido.

Dopo l’uscita delle concorrenti giapponesi, Honda decise di correggere il tiro e mettere in commercio la versione 650 della sua CX sovralimentata. L’aumento di cilindrata migliorava il tiro dei medi regimi e diventava più piacevole da guidare. Restava però una moto pesante, lunga e meno maneggevole delle concorrenti, con un turbo ancora più brusco del precedente.

Anche Suzuki decise di puntare sulla cilindrata 650 e nel 1981 uscì il modello XN-85 T. Quattro cilindri, raffreddato ad aria, rispetto alla versione aspirata aveva venti cavalli in più, un valore non stratosferico data la cubatura e montava la ruota anteriore da 16” e quella posteriore da 17”. Ciclisticamente migliore della concorrenza, non spiccava per estetica, ma grazie alla sella bassa ed un baricentro favorevole, primeggiava in maneggevolezza. Il ritardo nella risposta del turbo era superiore a quello delle concorrenti e risultava scarso fino ai 4000, per poi scatenarsi ai 6000 giri.

XJ 650 T fu il turbo firmato Yamaha dal quale ci si attendeva molto in termini di prestazioni. La linea spigolosa e aggressiva della carena studiata in galleria del vento, come il motore quattro cilindri raffreddato ad aria da 90 Cv dovevano essere una garanzia. Anche esteticamente, la linea diagonale del serbatoio era originale e l’assetto ne faceva una gran turismo dalla guida più comoda della concorrenza. Il confronto con il modello corrispondente aspirato non era vincente. L’XJ turbo, infatti, raggiungeva una velocità massima di soli 10 km/h in più e la turbina entrava in azione a 7000 giri, un regime entro il quale il motore era fiacco.

Tra tutte le turbo, la Kawasaki GPZ 750 T è stata quella con il look più sportivo, ma anche al più potente e veloce di tutte. Con 112 Cv era imbattibile anche nelle prestazioni e superava di 20 km/h la velocità massima delle altre. Il suo assetto rigido le conferiva un comportamento dinamico più fluido. La risposta del motore era più dolce e progressiva e la spinta cominciava a 3000 per poi esplodere definitivamente a 6000 giri.

Tra record e scetticismo

Ancora oggi è il marchio di Akashi a portare avanti il concetto del turbo con la Ninja H2, la moto stradale più veloce del mondo, che nella versione H2R ha raggiunto il record di 400 Km/h sull’Osman Gazi Bridge di Istanbul con Kenan Sofuoğlu. Purtroppo, è omologata solo per la pista dove comunque non supererebbe per prestazioni reali la ZX-10RR. Eppure, la tecnologia ha fatto progressi e oggi riesce a gestire una moto sovralimentata come un tempo non era possibile. Lo scetticismo in merito alle moto con il turbo è rimasto e questa soluzione non pare pronta a stravolgere i criteri costruttivi delle aziende. In generale, le moto hanno possibilità infinite e di certo non soffrono di scarsa potenza.

Kawasaki Ninja H2, la moto stradale più veloce del mondo,
La Kawasaki Ninja H2, la moto stradale più veloce del mondo,

Negli anni ottanta fu una moda che non sbocciò mai fino in fondo e dopo cinque o sei anni venne abbandonata in favore di altri tipi di moto più guidabili e gestibili. Consolidatosi nel settore automobilistico, il turbo è una chimera che ha ottenuto una bassissima fortuna nel campo delle due ruote e nonostante le soluzioni tecniche che hanno permesso a Kawasaki di proseguire su questa strada, ancora oggi non sembra guadagnare alcuna popolarità tra gli appassionati.