Cagiva, il “Mito” delle corse nato dal genio italiano

Un Mito nato dalla passione geniale dei Castiglioni, prima di sacrificarsi in nome di MV

Foto di Alex Ricci

Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Se si parla di Cagiva non si può evitare di parlare dei fratelli Castiglioni e del movimento che questo cognome ha generato nel motociclismo italiano. Premettendo che per Claudio e Gianfranco non basterebbe un semplice articolo, è fondamentale dire che la loro azienda in passato aveva acquistato Ducati, Moto Morini, Husqvarna (per poi rivenderle) e successivamente MV Agusta, di cui la famiglia è ancora all’interno dei quadri.

Ma cosa avevano di speciale i Castiglioni e le loro moto? In primis che erano italiane e poi, che molti modelli erano frutto di una geniale, quasi umorale e istintiva passione, dei proprietari di questa fabbrica e dei suoi progettisti. Cagiva, non solo ha prodotto tantissimi modelli destinati al pubblico, ma ha anche gareggiato nei maggiori campionati mondiali in pista e fuoristrada. Dal motocross, all’enduro, dai rally raid al Motomondiale, Cagiva è un nome tuttora evocativo di grandi imprese e di bellezza.

L’intuizione della Mito

Una delle intuizioni commerciali più forti del gruppo fu la produzione di un modello destinato ai sedicenni, di cilindrata 125, ma dalle indubbie prestazioni, di nome Cagiva Mito. Presentata nel 1990 come evoluzione della Cagiva Freccia, era una “naked” che montava lo stesso motore a sette marce della prima, rivisto e migliorato. In seguito, venne prodotto un kit di carene per convertirla in moto sportiva.

Il suo monocilindrico da 124,63cc. era raffreddato a liquido alimentato da un carburatore Dell’Orto PHBH 28 RD e sviluppava 31,13 Cv. La forcella anteriore e il mono ammortizzatore posteriore sono Marzocchi entrambi dotati di precarico. A completare il quadro delle componenti di qualità c’è l’intero impianto frenante Brembo con disco singolo anteriore e posteriore.

Destinata ai motociclisti più giovani, dal 1991 usciva dalla fabbrica già dotata di carena che la rendeva, di fatto, la versione in piccolo delle potenti e scorbutiche due tempi C589, che gareggiavano nella classe regina del Motomondiale. Sempre lo stesso anno, uscì nella colorazione “Lucky Explorer”, copiando l’Elefant con cui Edi Orioli aveva trionfato alla Dakar 1990.

La livrea del campione

La livrea più famosa della Mito è stata quella tutta rossa, con il numero “7” di Eddie Lawson sul codone, per celebrare la prima vittoria mondiale ottenuta nel 1992 in Ungheria, proprio per mano del campione statunitense della 500. Un escamotage grafico che la faceva apparire una moto da gran premio, con targa e fanali. Nel tempo, le grafiche delle carene divennero un veicolo celebrativo e pubblicitario, per raccontare le imprese Cagiva nel mondo.

Tra le varie, la Mito Denim (1991), la replica “John Kocinski” (1994), la Lucky Explorer come quella vincitrice del campionato Sport Production di un certo Valentino Rossi (1995) e la Lucky Explorer rifatta sull’Elefant di Jordi Arcarons (1996). Nel 1994 però, il design della Mito fu stravolto da un’altra intuizione. Sergio Robbiano che dopo aver firmato una delle Ducati più importanti della storia, la 916, ripropose la linea della bicilindrica bolognese sulle nuove 125.

In quegli anni, Ducati era gestita proprio da Cagiva che aveva nel suo Centro Ricerche (CRC), il geniale Massimo Tamburini e Ducati vedeva sorgere l’alba del massimo splendore con le moto protagoniste del Mondiale Superbike, mentre si concludeva l’avventura nel Motomondiale delle moto da GP. Un’altra mossa che, per quanto commerciale, metteva in primo piano la passione e l’attenzione dell’azienda verso questo sentimento, comune ai motociclisti.

Un nome, un destino

Mito di nome e di fatto, è una 125 molto potente e nella categoria si fa rispettare e ammirare. Ne arriva sul mercato una serie depotenziata per renderla più commerciale, ma dopo il 1999 la produzione del modello a piena potenza viene interrotta e resta solo la seconda. Nel 2007 esce definitivamente di produzione, sostituita dalla SP525.

Da un mito all’altro

Ultima delle grintose 125 a 2T, la 525 riprende la C594 guidata da Kocinski nel Motomondiale, ma per essere immatricolata nella categoria Euro III e rispettare le leggi anti emissioni, è stata dotata di un nuovo sistema di alimentazione Dell’Orto e di una centralina elettronica che lo controllava. Nel 2012, la produzione della Mito venne definitivamente abbandonata per concentrare le forze e le ricerche sul progetto MV Agusta F3. Il glorioso marchio del Conte Agusta tanto amato dai fondatori di Cagiva.