Anime Blues: 30 anni di Blues Bikers

La storia del più vecchio pub di motociclisti italiano che quest'hanno festeggia 30 anni

Foto di Carlo Portioli

Carlo Portioli

Esperto moto e cultura custom

Le moto e la musica, mia moglie e gli amici, la birra e le chiacchere ma più di tutto amo cercare di capire. Le mie opinioni sono espresse dall'alto di niente.

Io sono nato e cresciuto a Milano. Per me, che sono un uomo di terra, Milano è fatta di odori, di viste e di rumori familiari. Negli anni le città sono destinate a cambiare molto più di tante altre realtà, sotto la spinta delle numerose forze che compongono la loro linfa vitale. E tu cambi con loro, sei parte del cambiamento continuo che è la natura stessa di una città. Passano gli anni e tutto è in lenta, costante trasformazione, salvo accorgerti che alcuni elementi rimangono immutati e che acquistano nel tempo un significato speciale. A Milano uno di questi elementi è il Blues Bikers Motorcycle Pub, che nel 2015 ha compiuto 30 anni e che credo meriti l’ultimo articolo dell’anno perché è una storia speciale fatta di viaggi, sogni e motociclette, ma sopratutto è una storia quasi ordinaria di persone straordinarie per il loro amore e la loro dedizione verso stile di vita biker. La storia del Blues Bikers ha un prologo nell’estate del 1983 quando Beppe, insieme ad alcuni amici sono in Corsica in moto, dove conscono un gruppo di harleysti tedeschi. La folgorazione per i bicilindrici di Milwaukee è immediata e il comune stile di vita on-the-road li unisce in un’amicizia che andrà ben oltre i giorni di vacanza. Iniziano a conoscersi e a frequentarsi viaggiando tra Milano e Stoccarda mentre la passione diventa la benzina che alimenta i progetti: arrivano le prime Harley per i ragazzi italiani, un logo comune per cementare l’amicizia e da lì alla nascita del motoclub il passo è stato naturale. Siamo nel 1985, in Germania i Blues Bikers si sono fatti la loro club house nelle campagne, ma Beppe e gli altri vivono a Milano e qui non è facile trovare un cascinale da sistemare a poco prezzo, allora individuano un locale aperto un paio d’anni prima sui Navigli, lo rilevano investendo i loro risparmi ed inizia la storia del più vecchio locale biker d’Italia. Una storia lunga 30 anni che a leggerla sembra semplice, lineare, quasi banale e che invece racconta della magia che si respira in quei luoghi le cui fondamenta sono costruite sui sogni di chi ha voluto realizzarli.

Basta entrare al Blues Bikers per percepire chiaramente che il tempo e l’amore sono le due forze che hanno amalgamato l’ambiente fino a renderlo quello che è oggi.

Il Blues è un posto vero, in cui c’è voluto tutto il tempo necessario affinchè ogni oggetto che lo arreda si integrasse nel contesto, prendendo il suo posto in questo piccolo capolavoro di architettura custom. Ogni angolo, bottiglia, pezzo di moto, poster o fotografia raccontano una storia d’amore per le Harley e per la cultura biker vissute da un gruppo di amici in prima persona. Si capisce senza bisogno di chiederlo che qui le cose non arrivano dalla scelta razionale di arredare il locale in “stile biker” per attirare un certo tipo di clientela. La sensazione è che quello che vedi è la naturale sedimentazione della passione delle persone che lo hanno costruito in 30 anni e che ci lavorano, è come se non potesse essere diversamente. Come quando vedi Messi che gioca o Steve Ray Vaughan che fa un assolo: così perfetti da far sembrare semplice anche la cosa più complicata.

Per un locale non cambiare in 30 anni è una virtù rara, ma farlo in una città che costruisce e distrugge le mode e i suoi locali a ritmo vertiginoso come Milano, è un miracolo. Un miracolo fatto di persone e delle loro convinzioni. Quando parli con Beppe capisci che non poteva andare diversamente, perché oggi a 60 anni ti racconta del Blues, degli amici tedeschi, dei viaggi in moto e della sua Springer EVO accelerando le parole e accorciando il fiato, con quella eccitazione di chi ama e non di chi amava. Beppe ti racconta la sua storia con naturalezza, come se fosse facile fare quello che ha fatto, come se fosse semplice rimanere fermi quando tutto si trasforma intorno a te, con la saggezza di chi sa che il cambiamento è effimero e che non è l’unica via per essere soddisfatti. E se gli chiedi cosa è cambiato negli ultimi 30 anni, lui ti dice che si è un po’ perso il piacere di andare ai raduni semplicemente per incontrarsi con persone che condividono la stessa passione. Passione pura condivisa tra singoli individui, che poi è l’elemento base di coesione di tutta la comunità biker.

Certo, questa è una storia vera e non una fiaba, anche per lui le cose sono cambiate e le difficoltà sono state tante negli ultimi tempi, ma oggi c’è Paolo, il nuovo socio che ha portato entusiasmo e poi c’è Fausto al bancone… che se avessi indietro 20 centesimi per ogni birra che quest’uomo mi ha servito negli anni ’90 al vecchio Sunset Pub, oggi probabilmente avrei un Road Glide nuovo fiammante in box. Gente che condivide il lavoro perché condivide lo stile di vita e i valori di essere motociclista, non viceversa.

Il 2015 ha celebrato 30 anni di un locale, ma questa è solo l’occasione per celebrare chi lo ha fondato, chi ci lavora tutti i giorni e quello che rappresentano per la cultura custom della mia città e del nostro Paese.

Non vado spesso al Blues, ma sapere che se ne sta sempre là, con la sua storia e le sue persone che guardano da dietro il bancone Milano che cambia vorticosamente, sapere che quello è il posto giusto per trovare qualcuno con cui condividere la tua passione, a prescindere che oggi sia di moda o meno, beh… mi rassicura. Un po’ come la coperta di Linus.