Sinistro conducente in retromarcia: non sempre ha la colpa

Il soggetto alla guida del suo veicolo che procede in retromarcia deve fare attenzione alla circolazione, per non creare intralci e pericoli

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Laura Raso

AUTOMOTIVE SPECIALIST

Cresciuta nel paese della Moto Guzzi, coltiva la passione per i motori e trasforma l’amore per la scrittura in lavoro, diventando Web Content Editor esperta settore automotive.

Il conducente che procede in retromarcia in genere, in caso di sinistro stradale, si presume essere sempre il colpevole. È fondamentale che, durante la manovra, faccia sempre attenzione alla circolazione e a non creare intralci e potenziali pericoli per gli altri utenti della strada.

Esistono comunque dei casi per i quali la responsabilità del conducente in retromarcia è divisa anche con la controparte, per una percentuale di colpa, e questo riduce l’importo del risarcimento danni da tamponamento stradale per quest’ultimo.

Conducente in retromarcia: ha sempre torto?

Secondo l’articolo 154 del Codice della Strada: “Nelle manovre di retromarcia e di immissione nel flusso della circolazione” i conducenti “hanno l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli in marcia normale. È vietato usare impropriamente le segnalazioni di cambiamento di direzione. Nell’esecuzione delle manovre non devono eseguire brusche frenate o rallentare improvvisamente. L’inversione del senso di marcia è vietata in prossimità o in corrispondenza delle intersezioni, delle curve e dei dossi”.

Chi circola in retromarcia si presume sempre colpevole in un eventuale sinistro stradale, salvo prova contraria. L’allegato A del Dpr n. 254 del 2006 stabilisce i criteri di determinazione delle percentuali di responsabilità dei soggetti coinvolti in un incidente stradale: secondo questo documento il conducente che procede in retromarcia e resta coinvolto nel sinistro ha sempre torto.

Un esempio molto comune è quello dell’automobilista che esce dal parcheggio invadendo improvvisamente la strada e colpendo un’altra vettura che sta sopraggiungendo. In questo caso la colpa è del conducente in retro, perché deve dare la precedenza a chi si trova già nella medesima carreggiata.

Esistono però dei casi in cui anche all’altro veicolo coinvolto può essere data parte della colpa nell’incidente.

Quando la colpa non è solo del conducente in retro

Se i veicoli che si urtano stanno uscendo da un parcheggio in retro nello stesso identico istante, allora la responsabilità dell’incidente dovrebbe essere paritaria.

Il conducente in retromarcia, che nella maggior parte dei casi ha il 100% della colpa del sinistro (qui abbiamo trattato l’importanza delle prove), può non essere considerato l’unico responsabile. La sentenza n. 654 del 2021 della Cassazione infatti stabilisce che quando il giudice accerta la responsabilità di uno dei conducenti non può, per questo, “ritenere superata la presunzione di pari responsabilità a carico dell’altro conducente prevista dall’articolo 2054 del Codice Civile, ma anzi deve verificare concretamente se quest’ultimo ha tenuto o meno una condotta di guida corretta secondo prudenza”.

Questo significa che per ottenere il 100% della ragione il conducente deve dimostrare:

  • di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro;
  • le violazioni della controparte del sinistro.

Secondo i giudici c’è concorso di colpa quando il conducente in retro ha commesso una violazione, ma l’automobilista che è stato tamponato non ha dato alcuna prova di aver eseguito eventuali manovre d’emergenza per evitare il sinistro oppure dell’impossibilità di fare queste manovre per motivi a lui non attribuibili (per esempio se non c’era lo spazio sufficiente o se il conducente in retro andava a velocità sostenuta, da dimostrare).

Non è tutto, ci sono anche altri casi in cui il conducente in retro potrebbe non avere il 100% della colpa nel sinistro: il più frequente è quello in cui l’altro conducente non osserva un segnale di precedenza o il semaforo rosso, o commette altri comportamenti che presumono il concorso in colpa come cambio direzione o corsia, uscita da area privata o parcheggio, circolazione contromano.

Conducente in retromarcia investe un pedone: danni e colpe

I pedoni sono i cosiddetti utenti deboli della strada, per questo motivo chi circola su qualsiasi tipologia di veicolo deve avere un occhio di riguardo e prestare la massima attenzione alla circolazione delle persone a piedi sullo stesso itinerario. I conducenti hanno l’obbligo di arrestare il mezzo quando i pedoni stanno attraversando sulle strisce pedonali o sono in procinto di farlo.

Nel caso in cui un conducente alla guida del suo veicolo investe un pedone al di fuori delle strisce pedonali ha comunque parte della responsabilità di quanto accaduto. Secondo la legge in Italia infatti la persona che attraversa la strada non può essere considerata un evento imprevedibile, anche se non avviene nella zona appositamente delimitata (passaggio pedonale).

Massima attenzione per chi effettua una manovra in retromarcia: è necessario procedere nel massimo della sicurezza, guidando lentamente e senza brusche accelerate/frenate, adottando qualsiasi cautela possibile e necessaria per proteggere eventuali utenti deboli presenti e con il controllo totale dello spazio dietro al veicolo.

Nel caso in cui la strada dietro al conducente che procede in retromarcia non permetta di accorgersi dell’eventuale presenza di un pedone, la persona che sta guidando ha l’obbligo di effettuare la manovra in sicurezza, facendosi eventualmente aiutare da altri utenti a terra che diano indicazioni per evitare di colpire ostacoli e/o persone. Se possibile, in queste condizioni, sarebbe meglio evitare le manovre in retro.

Conducente in retromarcia: concorso in colpa con il pedone

Ci sono casi in cui la Cassazione decide che la colpa del sinistro in cui viene colpito un pedone dal conducente in retromarcia non sia totalmente di quest’ultimo, ma in parte anche del pedone stesso che è stato investito.

Un esempio è la sentenza n. 18593 del 2019, in cui è stato confermato dalla Corte un concorso di colpa: il 40% della responsabilità è stata data al pedone, a causa di una collocazione su strada pericolosa e azzardata.

La persona in oggetto era stata investita da un’auto che procedeva con la sua manovra in retromarcia. Il pedone in quel momento non era fermo sul marciapiedi – come avrebbe dovuto – ma in un avvallamento della sede stradale. Questa posizione rendeva la sua presenza imprevedibile da parte dell’automobilista, e anche molto difficoltosa da localizzare, esponendolo al rischio di incidente.

Attenzione quindi, perché è vero che i conducenti dei veicoli devono dare la precedenza ai pedoni e stare attenti a non investire gli utenti deboli della strada, ma è altrettanto vero che le persone che circolano a piedi hanno degli obblighi e devono seguire le norme del Codice della Strada, per evitare di esporsi a maggior rischio di investimento.

Per fare un esempio, il pedone ha la precedenza sui veicoli negli attraversamenti pedonali, quindi i conducenti hanno l’obbligo di fermarsi per rendere possibile l’attraversamento. Questo non significa però che il pedone debba “lanciarsi” sulle strisce nonostante stia sopraggiungendo un veicolo, costringendolo a frenare bruscamente, fermo restando che è necessario rallentare la marcia in prossimità delle strisce.

E infine, i pedoni devono circolare esclusivamente sugli spazi a loro dedicati su strada, tra cui i viali, le banchine e i marciapiedi. Nel caso in cui su alcuni tratti di strada non siano presenti queste aree delimitate, allora ogni persona a piedi deve comunque restare sempre a lato strada, sul margine opposto al senso di marcia dei mezzi, per garantire la propria visibilità ai veicoli che sopraggiungono.

È vietato fermarsi o indugiare sulla carreggiata. Chi non rispetta queste disposizioni e subisce un investimento, secondo la Corte, ha determinato un apporto concausale nel verificarsi del sinistro stesso. L’importo del risarcimento dei danni del pedone si riduce quindi in base alla percentuale di colpa a lui attribuita.