Il primo modello di autovelox è stato installato in Germania nel 1957.
In Italia ha fatto la sua prima comparsa nel 1972.
Esistono diversi tipi di autovelox. Si classificano in base al tipo di funzionamento:
A fotocellula: sono i più diffusi.
Sono dotate di 2 fotocellule laser. La prima fotocellula rileva il passaggio di un veicolo e dà inizio al rilevamento facendo partire un timer. Il passaggio attraverso il secondo fascio blocca il timer. In questo modo, conoscendo la distanza tra le due cellule e il tempo impiegato dal veicolo ad attraversarle, la velocità viene facilmente calcolata. Difatti, dalla fisica sappiamo che la velocità si calcola con la seguente formula: V=S/T (V=velocità, S=spazio, T=tempo).
Se la velocità rilevata supera il valore impostato come limite da rispettare, l’autovelox scatta una fotografia del veicolo, comprendente la targa.
Laser: sono apparecchi che vengono tenuti in mano e puntati verso i veicoli di cui si vuole conoscere la velocità.
Sono dotati di un fascio laser ad alta frequenza e di un sensore ottico integrato.
Il fascio laser colpisce la carrozzeria del veicolo verso cui è puntato il dispositivo di rilevazione e torna indietro. Il sensore ottico ha lo scopo di rilevare il segnale di ritorno del laser.
Per il telelaser le tecniche per determinare la velocità sono due:
– effetto Doppler. Varia la frequenza del laser in base alla velocità del veicolo puntato;
– Calcolo cinematico del moto rettilineo uniforme. La velocità del mezzo si ottiene derivando la distanza del veicolo. Si applica la formula: D=CxT (D=distanza veicolo, C=velocità della luce, T=tempo impiegato dal laser ad andare e tornare indietro).
Radar: Sono i meno diffusi. In Italia questa tipologia di autovelox prende il nome di Multanova e ormai sono stati quasi tutti sostituiti da quelli a fotocellula. Sono costituiti da un velocimetro radar. La misurazione della velocità è effettuata misurando l’eco di un segnale radar.
Video: Si tratta di dispositivi mobili, montati a bordo delle auto della Polizia Stradale.
La velocità viene calcolata attraverso l’elaborazione di immagini estratte da una telecamera.
Viene rilevata la velocità relativa dei mezzi che precedono l’autovettura della Polizia Stradale e viene confrontata con quella di bordo, ricavando la velocità effettiva.
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