Auto elettriche: in Italia grande flop

L’Italia è uno dei 5 Major Markets del settore auto in Europa, purtroppo però lo scetticismo verso il segmento elettrico è ancora altissimo

Il mercato auto in Europa chiude il 2022 con un totale di 11.286.939 immatricolazioni, registrando una perdita pari al 4,1% e 488.000 veicoli in meno rispetto al 2021, nonostante il quinto risultato positivo consecutivo di dicembre (1.091.119 immatricolazioni, +14,8% rispetto alle 950.052 di dicembre 2021).

La situazione è ancora preoccupante, anche se in lenta ripresa. L’auto più venduta in assoluto nel Vecchio Continente lo scorso anno è stata Peugeot 208, la più amata.

I 5 Major Markets sono Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. L’andamento di questi Paesi nel mese di dicembre 2022 è stato particolarmente differenziato: Germania, Regno Unito e Italia vedono una crescita a doppia cifra (rispettivamente +38,1%, +18,3%, +21%), la Francia registra invece un “pareggio” (-0,1%), mentre la Spagna è il Paese che vede il peggior risultato, con un calo del 14,1%.

L’andamento dei mercati nel 2022

Sui risultati totali dell’anno (dati UNRAE) purtroppo nessuno ha segno positivo, o quasi: l’Italia registra la percentuale peggiore di calo, del 9,7%, seguono poi la Francia, con -7,8%, la Spagna (-5,4%), il Regno Unito (-2,0%) e la Germania, che invece è l’unica a vedere un timido miglioramento (+1,1%). Il mercato italiano si conferma comunque al quarto posto sia a dicembre che nell’intero 2022, ma nel confronto annuale con il principale mercato europeo, la Germania, il suo peso perde 6 punti percentuali, passando dal 55,6% al 49,7%.

Auto elettriche: l’Italia all’ultimo posto

Tra i 5 Major Markets l’Italia si distingue per un altro risultato negativo, è infatti l’ultimo mercato per quota di auto elettriche. Lo scetticismo dei cittadini del Bel Paese nei confronti delle vetture alla spina continua senza sosta. Vediamo infatti una misera quota del 9,4% dell’Italia, contro quella del 55,4% in Germania, del 39,4% nel Regno Unito, del 25% in Francia e del 10,9% in Spagna nel mese di dicembre.

Alla fine del 2022 in Italia le ECV coprono solo l’8,8%, rispetto al 31,4% della Germania, al 22,8% del Regno Unito, al 21,6% della Francia e al 9,6% della Spagna. Un risultato che non possiamo definire che pessimo.

“L’UNRAE esprime soddisfazione per l’approvazione dei due decreti per la realizzazione di oltre 21.000 colonnine di ricarica per veicoli elettrici entro i prossimi 3 anni, in centri urbani e superstrade”, afferma il Direttore Generale Andrea Cardinali, “pur non potendo conoscere i dettagli del Decreto, che al momento non sono ancora disponibili”.

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha approvato infatti le modalità di accesso ai 713 milioni del PNRR (che finanzieranno fino al 40% dei costi di realizzazione) per installare almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapide (da 175 kW) sulle strade extraurbane (escluse autostrade) e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci (da almeno 90 kW) in aree urbane, entro la fine del 2025.

Come lo stesso Cardinale afferma, si tratta di “un primo passo importante, che l’UNRAE chiede da tempo, per garantire al nostro Paese uno sviluppo accelerato della mobilità a zero o bassissime emissioni, altrimenti l’Italia resterà ancora molto indietro in termini di diffusione della rete di ricarica. Secondo gli ultimi dati al 30 settembre 2022, infatti, il nostro Paese occupa la quindicesima posizione nel ranking europeo, con 6,7 punti di ricarica ogni 100 Km contro gli 8,9 della media europea”.

Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, ha dichiarato: “In Italia la quota delle elettriche nel 2022 è scesa per effetto del fallimento della campagna di incentivi 2022 a favore dell’auto elettrica e delle auto ibride, che si è chiusa con un elevato volume di fondi inutilizzati”.

Secondo i dati dell’Unrae, il nostro Paese è al 15° posto nel ranking europeo, con 6,7 punti di ricarica ogni 100 chilometri, contro gli 8,9 della media europea. L’Anfia chiede dei fondi appositi da destinare alla transizione in Europa e per velocizzare gli investimenti delle imprese per la riconversione produttiva.