Storia della Vespa Primavera, lo scooter dei sessantottini. Foto

Rilanciata da pochi mesi dalla Piaggio, la Vespa Primavera ha un'antenata illustre nata nel 1968

Lo spunto per raccontarvi la storia della Vespa Primavera ci viene offerto proprio dalla Piaggio, che da pochi mesi ha lanciato la nuova gamma 2014 del popolare scooter di Pontedera.

Chi ha qualche anno sulle spalle ricorderà bene, infatti, che la Primavera rappresentò un vero e proprio fenomeno di costume verso la fine degli anni sessanta, perché fu protagonista delle contestazioni giovanili durante gli “anni di piombo”.

La sua snellezza ed il suo essere versatile e frizzante catturò prestissimo l’attenzione dei giovanissimi e diventò l’emblema di una intera generazione che si mosse con lei.

La produzione di una delle Vespa più desiderate dai giovani degli anni Settanta del secolo scorso e dagli appassionati di ogni età, contava 370.000 esemplari costruiti nell’arco di tre lustri, per un totale di ben tre serie distinte, oltre alla scattante ET3.

L’unica precorritrice, ma meno fortunata della Primavera è stata la Vespa Nuova 125, che diede vita al fenomeno delle 125 cc snelle, alleggerite di quasi 20 kg rispetto alle altre pari cilindrata coeve e “vestite” da Vespa 50 cc, con i gusci saldati al telaio.

Ciò ha reso la Primavera uno dei modelli Piaggio più apprezzati e duraturi: sotto una scocca minimale, molto più piccola di quella dei “vesponi”, si cela infatti un motore 125 due tempi, raffreddato ad aria, con cilindro inclinato a 45º, progettato dal valente Corradino D’Ascanio e già introdotto con la Vespa 50 risalente al 1963.

La prima Vespa dal nome della stagione degli amori si affacciò sul mercato italiano alla fine del 1967 e rimase in produzione fino al 1973: oggi si distingue facilmente dalle successive serie per via di due scritte in corsivo indicanti il modello apposte obliquamente, sia sul lato destro del suo scudo, che al centro dello scatolato, subito sopra il fanalino posteriore. Quest’ultimo è circondato esternamente da una sagoma metallica; le manopole del manubrio sono grigie e lo sfondo del tachimetro contachilometri bianco.

La seconda serie, molto simile alla precedente e prodotta tra 1974 ed il 1976, se ne differenzia solamente riguardo alle scritte anteriori e posteriori, di diverso tipo e dritte, oltre alle manopole più moderne e nere.

L’ultima delle serie, commercializzata per un solo anno, dal 1976 al 1977, monta un fanale posteriore di dimensioni più generose e di forma differente rispetto a quello del quale erano dotate le prime due versioni, oltre al mutamento dal bianco al nero del fondo del contachilometri.

(a cura di OmniMoto.it)