Blocchi con la tua auto l’ingresso di un garage? Vai in galera

Una sentenza della Cassazione ha confermato che può essere condannato penalmente chi parcheggia la vettura davanti all'ingresso di un garage

Altro che multa per divieto di sosta, altro che rimbrotto da parte del vicino di casa: se piazzi la macchina davanti al garage altrui, bloccando l’accesso, rischi la galera. Lo ha appena ribadito la Cassazione (sentenza 28487 del 12 marzo 2013, ma resa nota il 2 luglio), confermando quanto già detto in passato proprio dalla Suprema corte: può essere condannato penalmente chi parcheggia la vettura davanti all’ingresso di un garage impedendo al proprietario di entrare o uscire con il proprio veicolo.

Dimentica il Codice della strada, e ragiona in termini di Codice penale: quale reato commette quell’automobilista scorretto e un bel po’ maleducato? Sostare davanti al box significa subire la reclusione per il reato di violenza privata (articolo 610 del Codice penale): l’offeso, cioè chi è bloccato nel garage, viene privato della libertà di azione. Insomma, non esce e tu la paghi carissima.

Si tratta indubbiamente di un gesto d’inciviltà, un po’ come quando veniano stritolati da una vettura in seconda fila che c’impedisce di muoverci. Va anche pensato che quel guidatore intrappolato nel box potrebbe avere un’impellente esigenza: andare al pronto soccorso, correre a un appuntamento fondamentale. Ma, a dire il vero, è incivile anche impedirgli di andare a fare la sua partitina serale di calcetto.

Il reato di “violenza privata”, così, ti fa rischiare sino a quattro anni di reclusione. Evitare di parcheggiare davanti al garage o box altrui è anche un modo per stare alla larga da spiacevolissime discussioni: all’arrivo del guidatore che ha sostato scorrettamente, il chiarimento può degenerare, visto che episodi del genere scatenano spesso l’aggressività degli automobilisti. E la realtà è amara per chi sgarra.

Di recente, un 60enne è stato condannato a 2 mesi e 15 giorni di reclusione e al risarcimento del danno dalla Corte d’appello di Catanzaro (anche se il tribunale, in primo grado, l’aveva assolto): dopodiché, anche la Cassazione gli ha dato torto. Come accadde in un caso analogo, con la sentenza 21779 del 2006. E, in entrambe le situazioni, l’automobilista incivile ha dovuto pagare anche le pesanti spese processuali per la sconfitta in Cassazione.